fbpx
Amati

Non basta il “codice rosso”, bisogna dare risposte concrete!

L’8 marzo è la giornata internazionale dei diritti della donna. Un appuntamento ideologicamente importante, che deve sempre mettere al centro il ruolo della donna all’interno della società ma non solo più dal punto di vista lavorativo. Tema importante da affrontare ogni giorno, riguarda il femminicidio perché continuiamo a sentire storie di donne maltrattate e uccise.

Ieri, In Piazza – Galleria dei Sapori di Volla, si è svolto l’evento: Amati. L’imprenditore Ilario Tutucci ha voluto fortemente trasformare questo appuntamento: «è il primo che si ripeterà ogni 8 marzo. Ho due bambine e sento forte la necessità – ha spiegato Tutucci – di donare loro un mondo più sicuro. Non riesco più a sentire notizie di cronaca, non molliamo e andiamo avanti». Ad aprire la lista degli interventi, la psicologa Federica Anatrella che con “La casa di Tonia” si occupa di un ‘primo soccorso d’ascolto’ per le donne che decidono di intraprendere un percorso che faccia uscire loro dall’inferno che vivono. A seguire Marco Caramanna, in rappresentanza della Fondazione “In Nome della Vita” che si occupa di dare sostegno alle donne in difficoltà. Ed è proprio alla fondazione che parte dell’incasso della serata dell’8 marzo di In Piazza e Il Brigante dei Sapori, sarà devoluto in beneficenza.

A chiudere la serie di interventi è stata Mary Acanfora, cognata nonché amica di sempre, praticamente sorelle, di Imma Villani, uccisa a Terzigno dal marito il 19 marzo 2018, fuori scuola della figlia (il marito poi sarà trovato morto suicida). Mary ha parlato per la prima volta in pubblico di quel tragico evento: «Eravamo ragazzine e certe cose non le capivamo, così come non potevamo mai immaginare un epilogo del genere. Dopo il clamore della notizia – spiega Mary – spenti i riflettori ci siamo ritrovati completamente soli. Adesso la figlia di Imma è con me e insieme percorriamo questo percorso di trasformazione. Non voglio fermarmi qui, perché questa storia va raccontata affinché mai più una donna si ritrovi in questa situazione».

Eppure, la domanda che ci poniamo è: a cosa servono le restrizioni per uomini ossessivi? Possiamo davvero trattarli come ‘semplici criminali’? Cosa rischia una donna che decide di denunciare se poi è consapevole di ritrovarsi quell’uomo sotto casa da un momento all’altro? Perché è dalla legge che bisogna partire per far sì che le donne si sentano davvero tutelate, il resto sono solo chiacchiere di politici o egocentrici che utilizzano il dolore di queste famiglie per poi sparire nel nulla da dove sono arrivati. Questo non può essere argomento politico ma deve essere trattato con serietà altrimenti dobbiamo pensare che questa società ci vuole così: sole e senza la capacità economica di poter decidere.

Serena Li Calzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *